Linguaggio,  Logopedia

“A casa però non vuole fare gli esercizi!” – L’importanza di motivare (e motivarsi) al trattamento logopedico

di Alessandra Pennati, logopedista

Dottore/ssa, con Lei mio figlio è bravo, ma a casa proprio non riusciamo a convincerlo…

… quante volte a noi Professionisti capita di ascoltare frasi come questa! Ancor più scoraggiante può essere sentirsi dire “Sì, gli esercizi li abbiamo fatti tutti”, per poi rendersi conto che – in effetti – nessuna delle indicazioni che abbiamo dato è stata seguita e che forse il fantomatico “quaderno” ha soggiornato in auto per tutto il tempo trascorso dall’ultimo incontro.

È evidente che, in entrambi i casi, abbiamo un problema;  di chi è dunque la responsabilità? Per il momento, possiamo dire con certezza a di chi non è: sicuramente, la colpa non è del bambino.

Analizziamo quindi le altre “parti in causa” e cerchiamo di identificare poche, semplici “regole” che possano aiutare tutti senza incolpare nessuno.

Poiché la capacità di autocritica rientra espressamente nel cosiddetto Codice Deontologico del Logopedista, voglio partire proprio da noi.

Spesso, mentre cerchiamo di barcamenarci tra valutazioni, relazioni, pianificazione ed attuazione di trattamenti, studio ed aggiornamento professionale, rischiamo di esaurire tutte le nostre risorse cognitive e il “paziente indisciplinato” diventa un’ennesima fonte di stress.

Siamo portati a chiederci “Perché questa mamma, questo papà, questo bambino non mi ascolta?”, piuttosto che riflettere e domandarci se noi per primi ci siamo messi in ascolto attivo della persona che avevamo davanti, o se abbiamo soltanto imposto gli “esercizi da svolgere a casa”.

“esercizi” da svolgere a casa

Consideriamo le insidie che si nascondono dietro alla parola “esercizi”.

Gli Antichi lo sapevano molto bene, ogni parola può essere un’arma a doppio taglio ed è così che il semplice “esercitare” può – da etimologia – assumere sia il significato di “tormentare” sia quello di “stimolare”: qual è tra le due la sfumatura a cui vogliamo dare importanza?

Non bisogna infatti mai dimenticare che il senso delle attività da svolgere a casa è mantenere ed implementare la competenza su cui si sta lavorando in seduta; perciò, se vogliamo davvero che si esercitino, dobbiamo chiederci:

  • Abbiamo proposto attività accattivanti per il bambino ed adeguate al suo livello?
  • Siamo stati chiari e precisi nella spiegazione degli esercizi alla famiglia?
  • Abbiamo davvero tenuto conto delle risorse dei genitori? Abbiamo, cioè, aiutato i genitori ad identificare queste risorse (chi può fare gli esercizi col bambino, per quanti minuti al giorno, quante volte alla settimana)?

Provando a rispondere a queste domande potremmo cominciare ad individuare qualche criticità. La prima regola, quindi, è

Non smettere mai di mettere in discussione il proprio operato.

Può sembrare scontato, eppure non è affatto semplice, richiede intelligenza ed umiltà. Il vantaggio è che uno sforzo di questo tipo non è mai vano!

il ruolo della famiglia

A questo punto è bene focalizzare l’attenzione proprio sulle famiglie. Per quella che è la mia esperienza, ogni volta che mi sono trovata di fronte un genitore che lamentava l’impossibilità di esercitarsi a casa, le ragioni (più o meno manifeste) sono state le seguenti.

non ho tempo

Con la convinzione di non riuscire a gestire questa risorsa, mamme e papà si dedicano agli esercizi in macchina, mentre si è nel traffico, oppure al “ripasso forsennato” in sala d’aspetto. Questo è controproducente sia perché non è un allenamento efficace (è come credere di poter affrontare una maratona facendo come unico esercizio quello di correre per pochi minuti una volta alla settimana), sia perché rischia di rendere spiacevole per il bambino il momento della Logopedia (è una cosa che “va fatta per forza”, di corsa, altrimenti “Il/la Logopedista ti sgrida”…). Tutto ciò rallenta il raggiungimento degli obiettivi stessi.

Sarebbe quindi più utile trovare un momento specifico della giornata in cui esercitarsi, che possa entrare a far parte della routine del piccolo (prima di fare merenda, dopo aver lavato i denti…).

Lo porto già in trattamento, perché dovrei lavorare anche a casa?

Qui rientra il falso mito del Logopedista meccanico: a volte il bambino viene portato “ad aggiustare”, dimenticando che l’apprendimento è un processo ed in quanto tale ha bisogno di tempo e costanza. Il vostro bambino sta infatti imparando cose nuove che devono essere consolidate, oppure sta faticosamente provando a modificarsi; è necessario che condividiate la fatica con lui!

Non ho capito cosa c’entri questa attività col problema di mio figlio

 Tante volte le aspettative della famiglia vengono disattese proprio perché non c’è una reale comprensione del lavoro che il Professionista sta facendo.

In questi casi è fondamentale solo una cosa: confrontatevi con il/la Logopedista che vi segue! Fate domande, esponete dubbi e preoccupazioni, insomma fidatevi ed affidatevi. Tutto questo fa parte del Patto Logopedico, che è imprescindibile per la buona riuscita del trattamento.

Non voglio costringere mio figlio, ho paura che si arrabbi

Questo punto si collega al precedente: se non siete certi neppure voi di aver capito il senso di ciò che dovete fare, come può averlo capito vostro figlio?

Reazioni di rifiuto, pianto o rabbia possono essere giustificate dal fatto di trovarsi davanti ad una fatica immotivata. Vale quindi la pena parlare al vostro bambino, in un modo che lui possa comprendere, illustrando quale sarà l’obiettivo finale: imparerai molte cose nuove, i tuoi amichetti ti capiranno meglio quando parli, ti sentirai più sicuro …

Mi sembra tutto inutile, non vedo miglioramenti

Qui la regola è: Una cosa alla volta! Lasciatevi guidare dal Professionista di riferimento e confrontatevi. Sicuramente saprà trovare il modo di scomporre l’obiettivo finale in “piccoli passi”, così che sia più facile registrare i progressi.

divertiamoci!

E se ancora il bambino non vuole lavorare a casa? In questo caso, l’unica regola da tenere a mente è: Divertiamoci!

  • Chiedete al/la Logopedista, se già non lo fa, di trasformare gli esercizi in un gioco (tombola, memory, domino, gioco dell’oca…);
  • Usate le tessere di questi giochi in modi non convenzionali: usatele per fare indovinelli, nascondetele per casa e fate una caccia al tesoro, caricatele sui vagoni di un trenino… L’importante è che venga mantenuto l’obiettivo individuato dal Professionista (non esitate a chiedere quale sia, se non lo avete compreso!);
  • Mettete in atto una semplice Token Economy : basterà contare su un tabellone quanti punti dovrà guadagnare il vostro bambino (es. 5 punti) e concordare un piccolo premio alla fine (una caramella, un cioccolatino, 5 minuti di tablet…). E così, tra un punto ogni volta che fa gli esercizi e due punti ogni volta che vince la partita… Il tabellone si riempirà in men che non si dica e sarà più probabile che il vostro piccolo voglia ripetere l’esperienza.

Insomma, alla fine l’importante non è di chi sia la colpa … Ciò che conta è che il merito del successo sia di tutti!

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Dott.ssa Alessandra Pennati Logopedista

Libera professionista nell’ambito dei disturbi comunicativo-linguistici in età evolutiva (provincia di Lecco) – alessandrapennatilogopedista@gmail.com

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Approfondimento bibliografico per il Logopedista

Sull’ascolto attivo: Il counselling nell’intervento di cura con i genitori e con i bambini: Tecniche di Counselling Sistemico per Professionisti Sanitari

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